Sicilia – Le “attività libere” nella Pubblica Amministrazione

Oggi tra le attività extraistituzionali che un pubblico dipendente può svolgere sembra esserci molta disinformazione e ciò specie per le attività libere. Per cercare di fare chiarezza abbiamo chiesto al collega Enzo Caputo Segretario provinciale dell’Isa ( Intesa sindacato autonomo). Di fare il punto della situazione.

timbroIn materia è rilevante il d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che richiama precedenti disposizioni, tra cui gli artt. 60-65 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e l’art.1, commi 56-60 della l. 23 dicembre 1996, n. 662 che distinguono per le attività extraistituzionali dei pubblici dipendenti tre tipi di fattispecie:

1) incompatibilità assolute;

2) attività autorizzabili;

3) attività sottratte all’autorizzazione.

In questa disamina saranno prese in considerazione le attività libere per le quali non è previsto alcun tipo di autorizzazioni e/o comunicazione.

Per lo svolgimento delle stesse, elencate dall’art. 53, co. 6, il pubblico dipendente non è tenuto a richiedere alcuna autorizzazione, né, in assenza di previsione di legge in tal senso, a comunicare all’amministrazione l’avvenuto conferimento di tali incarichi. Pare però che alcune Amministrazioni  non si capisce bene il motivo  o lo si capisce troppo bene, a volte richiedono, con regolamenti o circolari interne, una comunicazione (destinata a mera presa d’atto) da parte del lavoratore. Questa, a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 53, co. 7, in caso di mancata autorizzazione, non potrà avere conseguenze sul piano disciplinare in assenza di un obbligo legislativo o contrattuale sul punto.

timbro“Le c.d. “attività liberalizzate”, sono sottratte a qualsiasi regime autorizzatorio e liberamente espletatili. Si tratta o di attività di evidente modesta rilevanza (poco assorbenti fisicamente o mentalmente), ovvero quelle espressive di basilari diritti costituzionalmente rilevanti di qualsiasi soggetto (libertà di pensiero, diritto di critica, tutela delle opere di ingegno, etc.) E, dunque, anche del pubblico dipendente, e, come tali, non sottoponibili a regimi autorizzatori al pari delle attività gratuite.

La fonte normativa  come detto, è l’art. 53 del d.lgs. N. 165 del 2001 che, al co. 6 (più volte oggetto di modifiche, da ultimo ad opera della legge 30 ottobre 2013, n. 125), sancisce che sono sottratti al regime autorizzatorio i compensi derivanti:

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;

c) dalla partecipazione a convegni e seminari;

d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

g) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e ricerca scientifica. Queste elencazioni ponevano dei problemi applicativi in ordine alla distinzione tra seminari e convegni (non soggetti ad autorizzazione) e docenze (soggette ad autorizzazione): per agevolare il superamento di tale ricorrente problema, una novella all’art. 53, co. 6 (art. 7-novies del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7) ha ampliato le ipotesi liberalizzate, annoverando dapprima le attività “di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione” e poi liberalizzando anche le attività di “docenza e di ricerca scientifica”, svolgibili, in assenza di puntualizzazioni, anche a favore di soggetti privati conferenti, con partecipazione sia di soggetti pubblici che privati come discenti.

timbro documentiPer lo svolgimento delle attività elencate dall’art. 53, co. 6, il pubblico dipendente non è tenuto a richiedere alcuna autorizzazione, né, in assenza di previsione di legge in tal senso, a comunicare all’amministrazione l’avvenuto conferimento di tali incarichi. In ogni caso tale mancata comunicazione, a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 53, co. 7, in caso di mancata autorizzazione, non potrà avere conseguenze sul piano disciplinare in assenza di un obbligo legislativo o contrattuale sul punto.”

 Per la superiore valutazione è stato utilissimo uno studio dell’università di Pisa dal quale sono tratte le considerazioni che seguono

Enzo Caputo

Segretario provinciale dell’Isa

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