Brolo – A proposito di presepi e crocifissi. Continua il dibattito. Padre Enzo risponde a Donzelli

A proposito di presepi e crocifissi. Continua il dibattito.

Lettera di cortesia di padre Enzo Caruso a Davide Donzelli

Gentile Signor Donzelli,

Ho constatato che lei ha scelto un mezzo di informazione pubblica per scrivermi. Scelgo di fare altrettanto perché credo che, in questo modo, l’argomento sul quale ci stiamo confrontando, acquista maggiore ricchezza. Intanto vorrei rivolgerle una parola che forse la sorprenderà: grazie.

Le dirò che su quanto lei ha esposto nella sua risposta al mio articolo mi trovo d’accordo su diversi punti. Sono d’accordo con lei circa la perplessità verso la manipolazione politica che la vicenda di Rozzano ha sollevato. Non mi convincono i gesti di chi, davanti al Parlamento, si esibisce con i canti tradizionale del Natale cristiano. Non credo stiano facendo gli interessi del cristianesimo più autentico. Condivido con lei anche la perplessità circa la celebrazione delle inaugurazioni dell’anno scolastico con la celebrazione della Messa, forse per motivi diversi dai suoi. Ma non sono qui per parlare di questo.

Evito di entrare in merito alle sue considerazioni sul mio articolo riguardo al rapporto tra illuminismo e cristianesimo per lo stesso motivo. Un argomento del genere è troppo complesso e tornarci sopra merita uno spazio appropriato. Ho fatto le mie considerazioni nel mio articolo e le ribadisco. Prendo atto delle sue, nella sua lettera di risposta e le confermo il mio rispetto perché sento che, nel tono e nei contenuti, il suo desiderio era di dialogare su un argomento importante, e di esprimere la sua sincera opinione mettendosi in relazione col mio articolo. Per questo le dico ancora: grazie.

Dalle sue parole mi pare di aver colto una nota di delusione nei riguardi della mia persona dopo aver letto l’articolo. Come ho già detto ad altri, il miglior modo per superare i dubbi su una persona è di concedersi il piacere di conoscerla personalmente e magari scoprire che dietro le parole scritte vi è l’animo di una persona che nella realtà delle relazioni quotidiane e diversa. Le parlava del suo amico Moahmmed (mi perdoni se ho scritto in modo errato il nome). Io non so se ci riferiamo alla stessa persona ma tutte le mattine quando esco dalla Chiesa o quando rientro incontro una persona di fede islamica di cui non conosco il nome e con cui non mi sono ancora concesso il piacere di fermarmi a dialogare, per negligenza e per dare sempre la priorità, purtroppo, più alle urgenze che alle cose quotidiane che contano di più. Ebbene, tutte le mattine, quando incontro questa persona, ci salutiamo con la mano, entrambi con un sincero sorriso. Il suo riferimento al suo amico mi ha fatto comprendere che forse sarebbe meglio, una mattina, concedermi il tempo di attraversare la strada e stringere la mano a questo amico sconosciuto e sorridente. E mi piacerebbe scoprire che si tratta del suo stesso amico. Se così fosse, mi piacerebbe poter aggiungermi a voi quando fate colazione la domenica mattina al bar.

Devo venire al dunque. Sono consapevole che il titolo del mio articolo è stato provocatorio. Sono altrettanto consapevole che il tono dell’articolo e molto diretto e certamente non diplomatico. Ma lo dico sinceramente: l’ho voluto così. Sentivo la necessità di lanciare una provocazione, non per offendere, ma per dare una scossa ad un dibattito pubblico, almeno a livello locale, che è assente o che, peggio ancora, è delegato ai giudizi carichi di disprezzo e poco documentati sui social network più frequentati. Per questo ho apprezzato la sua lettera.

Deve essere chiaro che il mio articolo non ha come oggetto la laicità dello Stato e della scuola. Lei si è espresso su questi argomenti ma io non ho sentito il bisogno di farlo perché li dò per scontati. Stato e Chiesa sono due istituzioni con fini diversi, anche se si intersecano, perché il bene comune di tutti è interesse si è dello Stato e della Chiesa ma ciascuno persegue il suo fine con i propri mezzi. La laicità è un valore. Combattere per l’occupazione degli spazi e la conquista di un’egemonia non fai il bene di nessuno. E proprio per questo che il mio articolo e acceso nei toni. Perché non riguarda il dibattito sulla laicità dello Stato ma alcuni atti specifici a cui ho fatto riferimento nel mio articolo.

Sarò più preciso. Sui fatti di Rozzano la politica non ha reso un buon servizio circa l’informazione su quello che è veramente accaduto e ha lasciato che il fatto fosse manipolato per altri interessi. L’informazione esatta sui fatti èla base di ogni vero confronto. Ed io, limitatamente alle mie possibilità, ho fatto il mio intervento dopo essermi documentato su ciò che realmente è accaduto.

Sono due i passaggi che riguardano l’intervento del preside della scuola di Rozzano. Il primo atto riguarda il divieto di far cantare L’Adeste Fideles alla mensa scolastica. Il secondo atto riguarda la dichiarazione del presidente secondo cui il canto in questione sarebbe “offensivo” verso gli studenti di altre fedi.

Sul primo atto potrei anche sorvolare, per le ragioni che ho esposto all’inizio di questa lettera. Se in una scuola di un clima favorevole a queste iniziative, non vi è nessun problema ma se il clima è di tensione e se la multiculturalità è notevole, io stesso ripenserei queste iniziative.

Ciò che giudico inaccettabile è la motivazione con la quale il preside ha posto il divieto: dichiarare offensivo un canto della tradizione cristiana per gli alunni di altre fedi, non spetta ad alcun dirigente scolastico. Stabilire se un simbolo religioso, di qualsiasi fede, sia offensivo verso credenti di altre fedi, è un abuso di potere. Anzi, lo ritengo un abuso di potere motivato ideologicamente.

Vi sono organi preposti di partecipazione dove le famiglie hanno la possibilità di esprimersi, come anche gli studenti: assemblee di classe, consigli d’istituto ed eventuali incontri di genitori. Devono essere le famiglie ad esprimersi. Non si può stabilire a partire dalla propria autorità istituzionale se un simbolo religioso cristiano o di altra fede sia offensivo per gli altri. Tanto più che la presenza del crocifisso o di altri simboli cristiani non crea problema per molti alunni con genitori di altre fedi. Sono stato testimone, in Calabria, della reazione dei genitori di alunni di fede islamica, i quali hanno reclamato la ricollocazione dell’immagine della Madonna sulla parete e dalla quale era stata rimossa, in nome del rispetto delle altre fedi. Una lezione forte. Significa che in molti casi il problema ce lo inventiamo noi. Per questo riaffermo il mio dubbio sulla sincerità delle motivazioni del preside in questione.

In un’altra circostanza, quando esercitavo il ministero a Roma e visitavo molte parrocchie d’Italia, sono stato testimone di un altro fatto. In una scuola, non ricordo se primaria o superiore, il preside aveva deciso di abolire il nome “vacanze di Natale”, perché il riferimento al Natale poteva risultare offensivo (sì, di nuovo la parola “offensivo”) agli alunni di altre fedi. Il preside decise che era più opportuno, in nome del pluralismo culturale, cambiare il nome delle vacanze intitolandole “vacanze del solstizio d’inverno”. Vi fu una reazione dei genitori e il preside dovette ritirare la sua decisione, che aveva imposto senza consultare nessuno degli organismi scolastici di partecipazione.

Per questo motivo ho detto che siamo entrati in quel periodo dell’anno nel quale si riaccende un dibattito divenuto paranoico. Non è possibile e non credo alla sincerità di tali motivazioni. Vacanze del solstizio d’inverno? In nome del rispetto delle altre fedi? Siamo seri.

Dico di più. Proprio in nome della laicità dello Stato e della scuola, quando una decisione del genere viene presa unilateralmente da un dirigente scolastico, è la stessa laicità ad essere calpestata. Non si possono rimuovere, e ritorno sulle mie affermazioni, i simboli di una fede, qualunque essa sia, in nome del rispetto delle altre fedi. Questa non è laicità. Non si rispetta così chi professa altre fedi o porta i valori di altre culture. Questa è ideologia. E quando lo Stato si assume il diritto di decidere l’indirizzo educativo della scuola scavalcando le leggi che garantiscono la libertà di espressione di culto, la scuola pubblica non può più vantarsi di essere garante dell’indipendenza dell’educazione. Titolari dell’indirizzo dell’educazione dei ragazzi e giovani sono i genitori e gli alunni, non i dirigenti e i professori.

Sarebbe più onesto e più fruttuoso creare gli spazi di un confronto, all’interno delle scuole, dove le fedi diverse possono incontrarsi e conoscersi. Le leggi per farlo esistono. I programmi ministeriali lo permettono. L’ostinazione a rimuovere i crocifissi dalle pareti come se fosse la più grande offesa alle altre fedi non ha senso. L’Italia possiede una costituzione alla quale molti si stanno appellando per giustificare gesti inconsulti quale quelli avvenuti ultimamente. Non sono un costituzionalista ma ci è stato insegnato che la costituzione italiana, proprio perché riconosce il valore della laicità, garantisce a tutti i legittimi spazi di espressione della propria identità. Dunque non è nella rimozione di simboli che si garantisce la laicità ma nella promozione dell’integrazione e dell’inclusione.

La provocazione a rimettere sulle pareti i crocifissi e rimuovere i dirigenti che, senza averne legittima autorità, decidono, scavalcando tutti gli organismi di partecipazione scolastica, per non parlare della stessa costituzione e di un concordato fra lo Stato Italiano della Chiesa, è, sì, una provocazione ma anche di più: chi abusa della propria autorità deve assumersene la responsabilità. Che lo faccia per ideologia o per ingenuità non fa differenza. Chi occupa cariche di un certo livello deve essere responsabile delle proprie azioni e deve conoscere profondamente le leggi alle quali si appella per prendere decisioni ma anche i confini che delimitano la propria autorità.

Quando parlo di “casa nostra” mi riferisco certamente all’Italia. Le osservazioni riguardo, nella sua lettera, mi convincono che è meglio di esprimere la mia idea. E per farlo faccio una premessa. Ho visitato alcuni paesi dell’Africa ed altri della Melanesia. Ho avuto la grazia di poter penetrare in villaggi sperduti e nascosti ed essere accolto come ospite nelle scuole di quelle zone. Molti studenti erano musulmani. Altri cristiani. Entrambi convivevano pacificamente nelle stesse classi e ciascuno portava i simboli della propria fede con assoluta naturalezza. Quello che mi ha sorpreso di più e l’accoglienza ricevuta da parte di tutti, indistintamente. Potendomi trattenere con questi bambini per diversi giorni ho giocato con loro. Musulmani e cristiani si relazionano nuovamente con la stessa carica di affetto. Nessuno mi chiese mai di togliere i segni del mio abito da prete cattolico perché potesse risultare offensivo nei riguardi degli alunni di fede musulmana. Ancora una conferma per dire che il dibattito sulle croci nelle aule pubbliche non ha, secondo me, una motivazione radicata nel rispetto per le altre fedi ma piuttosto un carattere marcatamente ideologico.

Caro Signor Donzelli, vorrei prolungarmi ma mi astengo dal farlo perché ho già scritto molto. Ho pensato molto prima di farlo ma alla fine ho scelto di scrivere, come atto di rispetto verso la lettera che lei ha scritto in risposta al mio articolo. È più facile lanciarsi in commenti di disprezzo e di affermazioni culturalmente vuote, come si può vedere dai maggiori social network. Lei invece ha voluto esprimere la sua diversità di opinione entrando in relazione con me. Aver scelto questo canale pubblico di confronto è positivo. Pur nella diversità delle visioni (ma ribadisco ancora i punti di contatto), mi viene l’idea che proprio nella nostra Brolo potremmo promuovere un confronto culturale sul tema.

Spero di poterla conoscere presto e di condividere una bella colazione col suo amico Mohammed una mattina al bar.

Enzo Caruso

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