La Pasqua, con le tradizioni, la famigghia e “a Cuddura cull’ova”

cudduraIl tempo delle feste è da sempre sinonimo di tradizione. È il tempo preferito delle nonne, il tempo da famigghia unita, di ricordi in bianco e nero e figure sfumate. Se le tradizioni sono le nostre origini, non possiamo esonerarci dal parlare del fulcro delle nostre tradizioni. A Famigghia. Ci si insulta, non ci si sopporta, spesso ci si augurano le disgrazie più disparate, ma poi si finisce sempre lì. Con i piedi sotto lo stesso tavolo in una lotta ancestrale di gomiti alla conquista di centimetri di libertà. Le tradizioni.

La Pasqua è tradizione e tralasciando la religione, la Colomba e l’ Agnello, e le uova di cioccolata, il Sud vanta oltre a famigghia, ” a Cuddura cull’ova”.
Se Sui Nebrodi è chiamata così, a Palermo ci riferiamo a “i Pupi cull’ova”; nelle zone di Caltanissetta diventa “a Cudduredda” , a Siracusa il “Cudduruni”.

In linea generale, che sia dolce, salata, nelle forme più disparate, due cose sono importanti: le uova ed il momento con cui la si riceve. Al termine del pranzo di Pasqua con tutta a famigghia.

Hai mangiato a più non posso e sei preda dei sensi di colpa, ti sei sorbita i discorsi politici dello zio più anziano, risposto alle domande sulla “scuola” (l’Università), bevuto vino rosso sotto lo sguardo contrariato di tua madre e vorresti tornare a casa rotolando su te stessa cantando “Rotolando verso Sud”.Non resisteresti un minuto di più se non fosse per quel fagotto davanti a te. Sai già di che si tratta e non puoi far altro che sorridere.
“A Cuddura”.

La conosciamo, la mangiamo Ma..Da dove trae origine?

In greco antico il termine era κολλύρα (Collura) che significa “corona” e denomivana i pani votivi a forma di ciambella dati in dono agli Dei. La presenza della uova,in numero dispari, è da ricondurre ad antichi riti pagani che prevedevano lo scambio delle uova come simbolo di fecondità e successivamente interpretate come simbolo di rinascita e resurrezione e affiancate al periodo pasquale.

cuddura u vurparu
A Cuddura cull’ova produzione “U Vurparu”

La tradizione è quella contadina dei pani delle feste, quella piccola cosa che distingueva i giorni “du travagghiu” da quelli “ricuddanti”,da ricordare. E così,si faceva il pane, e con un po’ di impasto si modellavano questi pani “speciali”,disponendo le uova lungo la circonferenza, “legate” da pezzetti di pasta disposte a croce e infornati nel fogno a legna dopo il pane ordinario. Immaginate le donne di un tempo. Con il grembiule sporco di farina, gli occhi arrossati per il calore del forno, i capelli raccolti, mettere da parte le migliori uova, lasciare la casa e preoccuparsi di preparare questi piccoli doni, pà famigghia.

Foto Vincenzo Conti Nibali

 

Girovagando per Messina, ho scoperto le Cuddure in pasta soffice,come brioche, profumate di noce moscata e cannella. A me più comuni, sono però le Cuddure di pasta frolla, con pasta di zucchero, anche se la tradizione le vorrebbe di pasta morbida.

Tra i vari clienti al panificio di fiducia, mi ha colpito un’anziana signora. Andava fiera delle uova delle sue galline. Erano quelle che aveva consegnato al panettiere. Dopo il pranzo di Pasqua avrebbe consegnato le Cuddure a figli, nipoti e sorelle, e quello, era un atto di amore. Dentro quelle uova c’era tutto.

La fatica dei campi, la devozione per la terra, la tradizione della festa.L’amore. Il cuore da famigghia.Non mi risulta difficile comprendere lo sguardo liquido e commosso di mia nonna appena si avvicina il momento di “spartire il pane” e l’attenzione quasi maniacale con la quale si prepara, qualche giorno prima, dividendo le uova prescelte.

Una ciambella a ciascun figlio. Una ciambella per famiglia. Un uovo a testa (più uno per scaramanzia se si è di numero pari).

A famigghia unita, la tavola imbandita, i ricordi nel vento. È uno di quegli attimi da ricordate. Non è un giorno normale. È festa. Ed in questi giorni la vecchia ingombrante famigghia va bene così com’ è.

leave a reply

}