Castell’Umberto – Il comune aderisce a MessinAcque, ma i mal di pancia sono tanti

 Negli anni ’50, ’60, ‘70 abbiamo investito pochissimo e oggi paghiamo il lascito degli scarsi investimenti… “Oggi la sfida è il recupero accelerato del gap infrastrutturale comprese le perdite, la depurazione e la fognatura”. Lex dura lex, si vedrà.
Il Consiglio Comunale presieduto da Emanuela Conti Nibali, convocato in seduta straordinaria, ha approvato, dopo i verbali della seduta precedente l’adesione del Comune umbertino alla costituenda società a partecipazione mista pubblica privata “Messinacque s.p.a. per la gestione del servizio idrico integrato dell’ATO.
La decisione imposta dalla legge era un atto dovuto pena l’arrivo del Commissario che esautorando, per lo specifico il civico consesso, avrebbe provveduto ad approvare il punto “dolente”. Per lo specifico argomento- ha sostanzialmente detto il consigliere di minoranza Vincenzo Lionetto ex sindaco – meglio essere all’opposizione che alla maggioranza. Nessuno dei votanti è sembrato contento di avere dovuto ratificare una decisione calata dall’alto. “A volte, la legge non tiene conto delle realtà territoriali, c’è solo da sperare che da questa adesione potremo avere un qualche vantaggio. Ma è solo un’ipotetica speranza.
Giordano Colarullo, Direttore generale di Utilitalia
I mal di pancia sull’argomento sono tanti, dai consiglieri ai semplici cittadini. Luci ed ombre? Solo luci, solo ombre? Potrebbe “schiarire un po’ uno scorcio dell’intervista di Giordano Colarullo rilasciata ad Enea Magazine sul numero dello scorso gennaio.- “ L’acqua è una risorsa indispensabile per il sostentamento degli equilibri naturali e per tutte le attività antropiche. Tuttavia, già oggi in diversi stati UE la scarsità d’acqua è un problema grave: secondo la Commissione UE almeno l’11% della popolazione europea e il 17% del suo territorio sono colpiti da scarsità d’acqua. E fra i paesi più a rischio appare l’Italia, Paese ad elevata vulnerabilità climatica, con una scarsa capacità di adattamento ad eventi legati al cambiamento climatico e un grave problema di perdite, pari a circa il 40% dell’acqua immessa in rete anche se con differenze fra Nord (32%) e Sud (50%).
Dottor Colarullo, quali sono a suo giudizio le misure più urgenti per affrontare questa situazione? Purtroppo, il nostro Paese soffre di un ritardo infrastrutturale che non è di origine recente. Negli anni ’50, ’60, ‘70 abbiamo investito pochissimo e oggi paghiamo il lascito degli scarsi investimenti; inoltre per decenni l’Italia è stata caratterizzata da grande ricchezza di acqua e di acqua di qualità facendo sì che nel DNA degli italiani si sia inserito un elemento del tutto erroneo, ovvero di non percepire l’acqua come un bene molto prezioso. A ciò si è sommato l’acceso dibattito politico sull’acqua come bene pubblico o privato, deviando rispetto alle vere problematiche sottostanti che riguardano l’avere una capacità industriale e di gestione.
Oggi la sfida che abbiamo di fronte è il recupero accelerato del gap infrastrutturale, comprese le perdite, ma anche la depurazione e la fognatura. In generale, però, si cominciano a vedere più luci che ombre rispetto al passato, tenuto conto che nell’arco di un decennio, dal 2012 al 2022, gli investimenti sono quadruplicati, passando da 1 a 4 miliardi.” Cifre, numeri con la testa dura? Gente di montagna riottosi? Potrebbe essere tutto e il suo contrario. Sarei più sicuro se la gestione fosse “teutonica” mormora qualcuno tra il pubblico magari pensando al travagliato iter di un film analogo già visto. Lex dura Lex , si vedrà…
Enzo Caputo
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