È impensabile che l’unico a pagare per il naufragio della Nazionale sia Luciano Spalletti. Certo, l’allenatore campione d’Italia col Napoli ha commesso errori.
L’ostinazione tattica nel voler imporre una difesa a tre – lontana dalla nostra tradizione – ha pesato, così come alcune scelte tecniche discutibili, un approccio mentale spesso sbagliato e la gestione di un gruppo mai davvero unito.
Ma il problema va ben oltre la panchina. È ancora più grave che chi guida l’intero movimento calcistico, Gabriele Gravina, resti saldamente al comando come se nulla fosse. Il declino del calcio italiano è evidente e non è iniziato ieri.
Dopo l’addio dei grandi – Totti, Del Piero, Baggio, Vieri, De Rossi, Maldini, Chiellini, Buffon – non abbiamo più prodotto talenti all’altezza. L’unico a brillare ancora è Donnarumma. Il resto è desolazione.
I settori giovanili sono allo sbando, la programmazione è inesistente, e il sistema continua a premiare l’improvvisazione. E tutto questo è accaduto sotto la gestione Gravina, durante la quale i fallimenti hanno superato di gran lunga i successi.
È arrivato il momento di voltare pagina. Spalletti ha le sue responsabilità, ma non può essere lasciato solo sul banco degli imputati. Serve un cambiamento profondo, che parta dall’alto.
Claudio Ranieri ha detto no. Stefano Pioli dirà Si?
Serve un gesto forte: Gravina deve lasciare. Solo così si può sperare in una rifondazione autentica, magari guidata finalmente da un uomo di calcio, umile e competente.