Patti – Attentato Antoci: falsa notizia di inchiesta.

Il Procuratore: “Non capisco chi abbia messo in giro queste voci”. Antoci: “ancora depistaggi e mascariamenti, la mia sicurezza a rischio. Vogliono fermarmi in tutti i modi. Fava acceleri lavori Commissione”.
Arriva in queste ore la dichiarazione del Procuratore della Repubblica di Patti Angelo Cavallo che alla Gazzetta del Sud bolla come “fake news”  le notizie che nelle scorse settimane sono state riportate sulla vicenda dell’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci e su tutto ciò che è successo dopo l’agguato del 2016. Fra esse anche la notizia apparsa sul quotidiano La Sicilia nell’edizione del 7 maggio scorso e ripresa da più parti come veritiera, ove veniva raccontata l’esistenza, presso la Procura di Patti, di un fascicolo d’inchiesta su un nuovo filone, “si parlava di un modello 45”, che riguarderebbe il grave attentato compiuto la notte fra il 17 e il 18 maggio 2016 ai danni dell’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci e della sua scorta.
Il Procuratore Cavallo chiarisce, in maniera inequivocabile, come tale notizia riportata dal quotidiano La Sicilia sia falsa e dice: “non c’è alcuna inchiesta sull’attentato per uccidere Antoci alla Procura di Patti, ne a modello 21 ne a modello 45. Ho letto nei giorni scorsi alcune notizie di stampa che ne parlavano, ma non capisco francamente  come possa essere accaduto tutto ciò e non so chi abbia messo in giro queste voci”  – dichiara Cavallo.
La vicenda dell’attentato sui Nebrodi del maggio 2016 è stata dettagliatamente ricostruita dalla Magistratura di Messina, utilizzando avanzatissime tecniche della Scientifica di Roma, attivate per la prima volta in Italia per ricostruire i due attentati di via D’Amelio, dove furono barbaramente uccisi Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta e quello proprio avvenuto contro il Presidente Antoci.
Nell’agghiacciante ricostruzione di quella notte vengono evidenziate, da parte dei Magistrati, dei punti fondanti: “Innegabile – scrivono i Magistrati – che tale gravissimo attentato è stato commesso con tipiche modalità mafiose con la complicità di ulteriori soggetti che si erano occupati di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalarne la partenza dal Comune di Cesarò”.
Ed ancora: ”Si tratta di un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere” (pag. 3/8 decreto del Tribunale) – “… l’azione delittuosa inducevano a collegare tale attentato alle penetranti azioni di controllo e repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo-pastorale da tempo avviate da Antoci… ”.
“Pervenivano a questo ufficio plurimi esposti anonimi – aggiungono i Magistrati – che… tuttavia in ragione di quanto emergeva nell’ambito delle indagini svolte nell’ambito del presente procedimento penale apparivano prima facie calunniosi”.
“La ricostruzione dell’evento delittuoso in parola operata dai soggetti coinvolti appare in linea con quella anche tridimensionale effettuata dalla Polizia Scientifica di Roma”.
Queste alcune delle considerazioni più emblematiche e realisticamente terrificanti che emergono dalla ricostruzione dei fatti e dalla rievocazione della notte dell’attentato.
“Continuano depistaggi e mascaramenti – dichiara Antoci – la mia sicurezza è a rischio. Il Presidente Fava mantenga la promessa di occuparsene insieme ai componenti della Commissione Regionale Antimafia e ne acceleri i lavori”.
Riguardo alle varie attività diffamatorie poste in essere da più soggetti e finalizzate a colpire il Presidente Antoci, si ricordano le forti parole del Capo della Polizia, Prefetto Gabrielli, il 6 febbraio 2019, durante la presentazione a Roma del libro di Giuseppe Antoci e Nuccio Anselmo – La mafia dei Pascoli: “In questo Paese – dice Gabrielli – non ti devi solo difendere dalla mafia e dalla criminalità ma anche da zelanti “mascariatori” prodighi di comunicazione e pronti a inoculare sospetti in ogni occasione”.
Un chiaro e forte messaggio a chi in questi anni, dopo il gravissimo attentato subito da Antoci e dagli uomini della sua scorta, ha cercato di delegittimarlo con “fake”, così le ha definite il Capo della Polizia, orientate a bloccare l’opera forte di contrasto alle mafie nel Paese, che dai Nebrodi è partita risalendo lo stivale.
“Ma intanto – dichiara Antoci – proprio quelle Procure che vengono indicate come in attività sulle inchieste relative all’attentato sui Nebrodi contro di me e gli uomini della Polizia, se una cosa di certo stanno facendo, stanno rinviando a giudizio e condannando tanti di coloro che, in questi tre anni, hanno palesemente tentato di propinare notizie false e tendenziose volte a insinuare sospetti e delegittimazioni. Ecco, questo è l’unico dato vero da poter raccontare. E mi sembra un bel segnale” – conclude Antoci.
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