Castell’Umberto – Ipazia: un femminicidio che dopo 1700 anni aspetta giustizia dalla storia

 “Vanno inasprite le pene e cambiate le norme che tutelano le donne poiché non è più tollerabile l’attuale mattanza. Ciò non basta se non è affiancato da una nuova politica sociale ed educativa che abitui i maschi, fin da piccoli a un diverso modo di approcciarsi con l’altro sesso”.

Questo in sintesi, quanto ha detto il giornalista Enzo Caputo in apertura della manifestazione dedicata alle donne svoltasi l’otto marzo presso la sala riunioni della Biblioteca comunale dove, per l’occasione è stato proiettato il film su Ipazia D’Alessandro “che per il martirio cui è stata sottoposta, può essere considerata a ragione – ha detto il vice Sindaco del comune nebroideo Valeria Imbrogio Ponaro – una delle prime vittime femminile della storia sulla quale si è abbattuta la furia omicida dell’uomo e del branco.

Abbiamo dipinto di rosso una panchina, collocata all’inizio del Parco delle Rimenbranze, per sensibilizzare l’opinione pubblica e i giovani in particolare, a questo aberrazione ogni giorno più drammatica.”

A tracciare, a grandi linee, la figura e lo spessore di Ipazia è stata la nuova dirigente scolastica Maria Miceli che ha contestualizzo il periodo storico e i tragici avvenimenti che portarono all’orribile morte della studiosa. Nel corso della manifestazione infine è stato osservato un minuto di silenzio per onorare, simboleggiate dal rosso sangue della panchina, tutte le donne vittime di femminicidio.

Presenti in sala insegnanti ed alunni del plesso umbertino, don Stefano Brancatelli, componenti dell’associazione umbertina “Nova Aetas” e la presidente del Consiglio Comunale Sarina Battagliola. “Ipazia fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa. Della sua vita si è detto di tutto, ma ancor più della sua morte.”

Ipazia rappresenta il simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio comincia quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tenta di soffocare la ragione.Tanti altri martiri sono stati orrendamente torturati e uccisi. Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno fu mandato al rogo per eresia, lui che scriveva: «Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi, similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro Sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi».

Galileo, convinto sostenitore della teoria copernicana, indirettamente provata dalla sua scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, fu costretto ad abiurare. Il fondamentalismo non è morto. Ancora oggi si uccide e ci si fa uccidere in nome della religione.

Anche nei nostri civili e materialistici paesi industrializzati avvengono assurde manifestazioni di oscurantismo, come in alcuni stati della civilissima America in cui si proibisce di insegnare nelle scuole la teoria dell’evoluzione di Darwin e si impone l’insegnamento del creazionismo. Dalla prefazione di Margherita Hack al libro “IPAZIA. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo d.c.” di Antonio Colavito e Adriano Petta (La Lepre Edizioni), in libreria dal 20 ottobre. Ipazia un femminicidio che dopo 1700 anni aspetta giustizia dalla storia e non solo.

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