Castell’Umberto – Le Baracche di ieri nel racconto di Polino

“Tre puntate” affidate al gruppo facebook “Remember Castell’Umberto” che coprono i circa due chilometri giusto la distanza che va dalla contrada Ficheruzza di Naso alle colonne d’Ercole di “Aria Ratto“

La contrada Baracche del secondo 900 “rivive” nel ricordo racconto di Antonino Polino che quel periodo lo ha vissuto, oltre che da protagonista, anche da attento osservatore della società del tempo. “Tre puntate” affidate al gruppo facebook “Remember Castell’Umberto” che coprono i circa due chilometri giusto la distanza che va dalla contrada Ficheruzza di Naso a quella “Aria Ratto“ di Castell’Umberto che, negli anni sessanta, era per molti ragazzi di Baracche una sorta di “Colonne d’Ercole” oltre le quali si trovava “avvolto nel mistero” “U Paisi novu” come al tempo si intendeva Castell’Umberto allora trasferito da poco più di un trentennio nell’attuale sito a seguito della frana che, nel 1932 travolse l’originaria ubicazione di Castania incastonata a mezza costa tra la valle del Fitalia e Pizzo Corvo.
Antonino Polino
Famiglie, usanze, nomi, soprannomi, modi di essere ed attività economiche della comunità che aveva tutte le caratteristiche dei una “Città Stato” in miniatura. scorrono come fosse oggi, sotto la sapiente verve di Polino che non tralascia di arricchire la narrazione di “gustosi” aneddoti che la dicono lunga sui modi educativi spiccioli dei nostri padri. Un assaggio: “Vicinu, proseguendo sempre sulla Nazionale, stava Mastr’Antuninu Rosa, detto u Quaddararu perché faceva lo stagnino e d’inverno lavorava a Randazzo.
In estate, quando accendeva il fuoco davanti casa, pi stagnari i padeddi, i pignati, i menzaranci e i quaddaruni da cuntrata, io rimanevo estasiato da questo insolito spettacolo e spesso, su mia esplicita richiesta, venivo adibito a ravvivare il fuoco, azionando il mantice. Subito dopo, nu scurzaturi portava a casa di Don Peppi Liprino detto u Sciabbularu, fratello di me zu Carminu, che faceva u scarparu o Paisi Novu ed era il padre di Totuccio e del mio grande amico Vincenzino.”
Baracche vista dalla collinetta di Santa Croce
E ancora: Continuannu a chianari verso Castell’Umberto, sul lato destro della nazionale, c’era la casa di Donna Marianna a Provita, viveva da sola e spesso accusava mal di denti o mal di testa, però appena trovava l’opportunità di chiacchierare con qualche passante, miracolo! ci passaunu tutti i morbura.” C’era poi c’era “U chianu du Camperi Custantino”, uno slargo su cui si affacciava pure la su abitazione e i cui vetri dei balconi erano croce e delizia dei ragazzi e del pallone che a volte, dopo aver fatto “il danno” faceva la fine del “melone”.
Come dire luci ed ombre dell’Agorà della contrada che deve il nome alle baracche di legno dove alloggiavano le maestranze che nel 1911 lavoravano alla costruzione della SS.116 voluta dallo Stato Maggiore della difesa per collegare rapidamente i versanti tirrenico e ionico visto che all’epoca non si escludeva la possibilità di un fronte di guerra nel Mediterraneo.
Enzo Caputo
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