Gioiosa Marea – Il “Treno della scienza”, il romanzo degli “incolpevoli” e dell’esigenza

Ogni testo, scritto e narrato, che si trasforma in romanzo, contiene e alimenta una colpa. Colpa di, colpa per. Lo si scrive sempre incolpando un lui o una lei, o un qualcosa che ha indotto a scrivere.

Chi legge, ovviamente, e mi riferisco a qualsiasi testo scritto, si identifica con chi lo scrive, con chi pensa di aver pubblicato un libro necessario, indispensabile, perché nei contenuti, nell’ambizione di scuotere coscienze, di ammonire la società, di ispirare dibattiti sociali e politici, di elevare un falò di trascurabili ragioni personali a indignazione collettiva, ne fa motivo di riflessione.

Nel “Treno della scienza” invece, che per alcuni versi possiamo definirlo un romanzo costruito fra lo scenario di innumerevoli passaggi di vita, il novello scrittore, ora affermatosi per il successo raggiunto, Prof. Bruno Lorenzo Castrovinci , descrive tratti salienti di una vita piatta e di consuetudini che sono assai lontane dalle emozioni, dai palpiti e dal pathos; che non mettono a fuoco passioni, sino a quando vi è l’ esigenza di astenersi dall’ immobilismo introdotto nella vita dei protagonisti, per una staticità assai insopportabile.

Il treno della scienza”, distoglie i pendolari dai ritmi quotidiani funesti; pendolari che si recano sul proprio posto di lavoro e che intrecciano, attraverso la regolarità dell’ incontro giornaliero, quella che potremmo chiamare la rivitalizzazione delle emozioni.

Questo il titolo del romanzo, che porta con sé e in sé, tutto l’ apparato di vite pronte a rinascere, tra lo sguardo ed il suo significato, tra la passione, fra gesta incomprensibili, ma tanto comprensibili in chi sa, in chi avverte, in chi vorrebbe, in chi ha sempre desiderato, voluto.

E tutto si trasforma. Cambiano vite. Cambia la meta. Muta qualcosa e tutto diventa attesa. Attesa di un treno di cui non sappiamo chi scenderà alla successiva fermata e quanto durerà la sosta in essa. Quasi tutti i romanzi contemporanei rispondono al biblico appello di Adamo ed Eva, alla necessità di intervenire nel corso delle cose attraverso una manomissione, una deviazione che fatalmente culmina sempre nel voler provare ancora, nel sentimento trattato con cura.

È il romanzo degli “incolpevoli”; strano a dirsi. Incolpevoli perché tutto avviene senza averne colpa…in un susseguirsi di istanti per niente premeditati. Sembra essere il romanzo del bisogno, dell’esigenza. Ed è proprio questo che lo fa diventare un romanzo costruito su passaggi reali.

Per certi inossidabili aspetti è molto di più di un romanzo, è molto meglio di quelli che minacciano di esserlo. Si tratta piuttosto di riconoscere, nel libro “Il treno della scienza” un’armonia del piacere, della passione non esibita, attesa e palesata da sguardi e da movenze che hanno una comunicazione non verbale carica ed espressiva, un talento indiscutibile ma non ingombrante, una pazienza pesata come l’oro, una grazia presente, un equilibrio non pedagogico: prerogative involontarie dei grandi libri.
Infine perché l’ha scritto uno scrittore autentico.
Come pochi in questo nostro hinterland. Uno di cui ci si incanta ad ascoltarlo. Uno che nel deserto del niente pianta le radici di una scrittura sapiente e per nulla banale. Uno che fa la differenza tra fenomeno della scrittura e artigiano della stessa.

Giuliana Scaffidi

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